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venerdì 8 maggio 2015

XXV aprile a Milano, aprile 2015

Fotografare durante una manifestazione non è facile, focalizzare volti, espressioni, posture, immortalarle e ibernarle per sempre senza che siano infastidite nelle loro ideali cornici da braccia, gambe e teste indefinite ed in movimento, è difficile, ma credetemi ognuna di queste foto non potrebbe essere più vera senza i suoi arti mozzati che irrompono sulla scena. Perché essi sono la testimonianza dell'amputazione del soggetto di massa, della sua spersonalizzazione, polverizzazione e scomparsa nel Moloch dell'indistinzione sia pure arcobalenica, di un corteo. A  Milano sfila la sinistra del paese più di destra d'Europa, una sinistra frammentata, anarchica, caleidoscopica, la sinistra di noi che siamo più a sinistra degli altri fra noi stessi, la sinistra che ha sempre votato per il male minore che poi si è trasformato in maggiore, che comunque sempre male è,  anche perché comunque il potere in una democrazia è far digerire alla minoranza chiassosa del paese ricette di destra presentate da uomini di sinistra, che una volta lì, seduti nei posti di comando,, e una volta perché c'è la Nato, un'altra volta gli americani, ora c'è l'Europa, ma cascasse il mondo se fanno mai una cosa di sinistra. Che ne so, decidere che 50 mila euro  di pensione al mese a chiunque  o un milione di euro all'anno  di stipendio ad un amministratore delegato, che ne so, magari sono privilegi intollerabili da monarchia afroasiatica, magari può dire a chi vive superbene di rendita, ehi, amico, i soldi li devi investire e creare lavoro, occupazione, che è finito il tempo delle vacche grasse e che un po' buddisticamente la vita si fonda sull'equa distribuzione della sofferenza, e che ne so, una settimana bianca in meno ogni tanto male non fa, magari dire che chi inquina deve pagare e risarcire il pianeta, i nostri figli, o i figli che non abbiamo avuto per aborti spontanei provocati da veleni, magari insegnare e diffondere il concetto che la libertà non significa farsi i cazzi propri, ne' quelli degli altri e ricavarci trasmissioni televisive e mangiarci su in pubblicità, che la libertà è coesistenza pacifica, tolleranza, discussione pubblica, diritti e doveri, che ci deve essere dignità persino nel servire senza essere servi, però, Ma mentre vedo sfilare tutta questa gente e penso queste cose, immagino come Google maps di fotografare la manifestazione da lontano e di postprodurre le foto, solo secondo le possibilità della macchina, nessun programmino tarocco pescato nel Pc, avvicinandomi a quei volti a quelle braccia e quelle gambe, sempre di più, fino ad estinguermici dentro. I cori di bellaciao si intervallano ai canti popolari, agli ottoni, ai balli latini ai volti multiculturali e multietnici di questa festa di libertà, di quelli che perdono sempre, di quelli che non contano mai, tanto che viene il dubbio che noi di sinistra siamo la coscienza sporca dell'homo sapiens e che tutto sommato ci lasciamo battere per lasciare la possibilità  a noi stessi di arricchirci, di avere successo, di diventare famosi, di schiacciare la testa agli altri, lasciandoli  cuocere nel calderone delle nostre illusioni e magari goderci anche. E' un paradosso che nasce dall'esasperazione di non contare mai niente, di essere sempre in minoranza, che ci lascia basiti e increduli ogni volta che alla gente di questo paese che non cambia mai da due secoli, interessa morire di fame sullo sfondo della remota illusione di avere la possibilità un giorno di arricchirsi e mandare tutti affanculo. Questo sono gli italiani. O almeno questo abbiamo dimostrato di essere. Non importa se facciamo volontariato, non importa se siamo i migliori solidali del mondo, se abbiamo Emergency o medici senza frontiere, molliamo tutto in men che non si dica per una puntata di Giochi senza Frontiere. O meglio,'sti giovani mi fanno paura, o sono capaci di fare i volontari per gestire malati di cancro terminali o non gliene frega assolutamente nulla di nulla e rapinano le nonne per giocare a videopoker. La via di mezzo non c'è più. E' l'equilibrio che manca. Non il centro. Di quello ne abbiamo fatto incetta, ne abbiamo avuto abbastanza. Il XXV aprile di 70 anni fa nasceva la Democrazia Cristiana, (dopo che i comunisti avevano fatto il lavoro sporco sulle montagne) e noi siamo nati con lei. 70 anni dopo non siamo riusciti a non morire democristiani. Ora che c'è Renzi, che ne ha incarnato lo spirito. E mica tanto solo lo spirito. Per cui, nel rispetto perenne di queste migliaia di persone che come me ancora ci credono e forse, dico "forse", se no che uomo di sinistra sarei, ci credono più di me, offro a voi queste immagini di gioia e colore.

Buona visione
























































































































































































































































































































































































































































































































































































































































































































































































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