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domenica 10 maggio 2015

Trècchina, Basilicata, aprile 2015 , il buddhismo senza Ryanair.

Con una vecchia punto dalla Puglia altosalentina prendiamo per Taranto, po imbocchiamo la sinnica, strada chiamata così perché costeggia il fiume Sinni. Entriamo nella preistoria postatomica, terra poco densamente abitata, viadotti sul fiume sassoso in piena (una piena relativa  poco meno che siccitosa), dove si vede qualche beccaccino, almeno a giudicare da quello che ci dirà poi il gestore del ristorante La luna rossa, di Trecchina, fra un piatto di tagliatelle di farina di castagne e funghi cardoncelli e uno di scaloppine. Quando arriviamo a Trècchina, dopo aver percorso svariati chilometri quasi in solitaria, poche rare auto di un giorno infrasettimanale di aprile, chiediamo subito per una trattoria. Ci viene indicata da un passante che con tutta la dovizia del mondo (e anche tutto il tempo, del mondo stesso), la trattoria pizzeria, La luna rossa, nome che evoca antiche vocazioni stregonesche della terra del rimorso dove i briganti portavano le effigi dei santi nella tracolla insieme alle cartucce sparapiemontesi atei e senzadio.. Il proprietario di mezz'età con il cappellino da baseball verde militare ci fa accomodare e ci consiglia dei piatti, di cui già sopra la descrizione, di una bontà d'altri tempi e quantità camionista. Beviamo  Aglianico del Vulture home production eccellente, tanto che ci sentiamo di dover camminare fra le case del paese per smaltirlo. Ci inerpichiamo su per una strada di montagna fra  lecceti e castagneti , fino ad arrivare ad una cappella , dove incontriamo un signore anziano che ci spiega che in quella cappella a settembre portano la statua della madonna in processione che poi riportano in un Santuario lassù in montagna, dove si intravede  posato sull'elettrocardigramma delle montagne sulla lavagna luminosa del sole. Scendendo  fra questi boschi verso i ruderi di un castello, mentre qualche anzianotto si inerpica a sua volta a piedi , giusto per digerire, ci godiamo il sole ed il silenzio dello zero traffico automobilistico. Ad una biforcazione, mentre riscendiamo verso il paese di case grige incappellate di tegole rosse ( sicuramente brizzolate di neve d'inverno), un gruppo di anziani chiacchiera amabilmente, standosene seduti su un muretto, all'ombra di un cespuglio.
Una volta arrivati al castello, o meglio a ciò che del castello rimane, ci fermiamo ad ammirare il panorama a valle , dove tornanti e torrentelli scondinzolano come code di cani spontanei. C'èra sempre un castello, in ogni luogo in ogni lago, del sud, perché esso rappresentava il privilegio e quando qualcuno dei "cafoni , non si capisce come, visto che venivano tenuti volutamente nell'ignoranza, alzava la testa, per un moto dell'anima o di ribellione, per un sussulto dell'istinto men che mai intellettuale ma animistico, diremmo, era come un vero miracolo, più di San Michele che schiacciava la testa di Satana.. Scorrazziamo fra i vicoli  del centro storico, in perfetta solitudine, ricevendo il saluto di qualche gatto , di qualche cane e di qualche pensionato reduce della Fiat torinese degli anni settanta. Una volta in centro, vicino  a dei giardini in un Bar uscito dai film di Sergio Leone, ci beviamo un ricco caffè. In tempo per tornare a casa, dopo aver trascorso una tranquilla giornata buddhista senza nessun volo Ryanair, ma a due passi dalla Puglia avita.

Buona visione












































































































































































































































































































































































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