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mercoledì 4 dicembre 2013

Un giorno di fine novembre in giro per Milano, fra stazione centrale e la "city" di porta Garibaldi....

Un pomeriggio di novembre mi aggiro con la mia photo machine per il centro di Milano, fra la Central Station e la City di Porta Garibaldi, in mezzo a immensi grattacieli di vetrometallo costruiti per dar lustro alla città di Milano in vista dell'expo 2015, manifestazione commerciale che dovrà fungere la volano a tutta l'economia nazionale ma che fino ad ora ha fruttato la demolizione delle caratteristiche case di ringhiera , genius loci edilizio di Milano, che facevano distinguere la città da altre capitali europee e mondiali, in luogo dell'omologazione alle grandi metropoli spersonalizzanti della globalizzazione che erigono questi enormi zigurrat senz'anima per far ombra ai clochard che vi dimorano in basso, popolati tutto il giorno da impiegati che usano consumare la loro pausa pranzo in piazza Gae Aulenti, in giacca e cravatta, seduti su panchine marmoree che incorniciano stolide fontane , mentre consumano i loro yougurt e i sacchetti di frutta surgelata sperando in questo modo di nutrirsi in modo naturale, mentre con i loro iphone avvitati all'orecchio comunicano alle rispettive madri patrie meridionali che ce l'hanno fatta a diventare dei manager, omettendo di  dire che guadagnano la miseria di mille euro al mese per sottostare agli ordini di altre nullità umane , anch'essi vestiti di tutto punto, profumati di marca   e con le mutande striate di marrone per le diarree contenute a stento dallo stress della vita metropolitana. Più tardi li vedrò uscire da quei grattacieli a frotte, sigaretta avvitata alla bocca, sguardi tristi e spenti, passi frenetici, mentre si recano alla Stazione di Porta Garibaldi per prendere metropolitana o treni, o fermi allo stop dell'autobus che  circumnavigando il Cimitero Monumentale li porterà ai propri rispettivi quartieri di svernamento, nelle case dormitorio dove finiranno di ammazzarsi gli occhi sui loro tablet o pc, cianciando su Facebook o Twitter, i più fichi, al passo con le cose della politica, mentre il loro mondo fatto di presunte navicelle spaziali maschera gli stessi meccanismi darwiniani di sempre, e i palazzi sono le grotte nei quali antri cercano di non far entrare altri e i cocktails i frutti che non hanno mai raccolto su alberi che hanno visto solo in foto digitali. In Piazzale Duca D'Aosta giovani skaters scivolano sulle onde di marmo grigio a caccia dello sponsor prima ancora di aver capito come funziona l'aggeggio su cui viaggiano e , mi auguro, sognano, un tizio in Melchiorre Gioia, chiede se gli scatto una foto col suo iphone 5 con lo sfondo del nuovo (inutile) palazzo della Regione Lombardia, raccomandandosi che venga bene  il grattacielo dietro di lui , che deve dimostrare di essere proprio lì, a Milano, in giacca a cravatta, facendo invidia ai suoi conterranei di giù, dell'Italia del Sud, ancora una volta, come sempre, un altro paese nel paese. Un giocoliere senza una gamba fra un rosso di semaforo e l'altro prova a catturare le simpatie degli automobilisti e a tradurle in euro, con gialle palle da tennis scippate ad una immaginaria Wimbledon dello Spirito Santo, mentre anziani signori sopravvissuti alle ondate migratorie, con eloquio abbatantuoniano provano a convincermi che  i nuovi palazzi sono belli, che hanno le ascensori, ricevendo come risposta che le ascensori diminuiscono gli anni dal momento che ti privano della allenanti scale o della poesia dei vecchi cigolanti ascensori in gabbie di ferro battuto e decorato dove ragni buontemponi ci tessevano le loro ragnatele dandoti per un  momento l'impressione che la campagna è ancora a portata di mano. Operai con caschetto giallo e tuta arancione appaiono qua e là sotto un ponte manifestando il miracolo della manualità umana ancora utile e qualcosa, poliziotti controllano i documenti a stranieri in Stazione Centrale, mentre dei barboni dormono della grossa sotto gli occhi di un attore che capolina da un manifesto gigante, le cappelliere dietro milioni di finestrelle illuminate della torre Unicredit, mostrano appese le anime nere dei corpi che sono appena usciti invadendo le strade limitrofe con i loro discorsi di niente, mentre qualcuno dice che in un luogo come questo non fumare è impossibile, mentre io vado a prendere la metropolitana con ancora in mente le immagini di bambini che giocano sugli scivoli di un vecchio asilo in mezzo a tutto questo...con ancora in mente un graffito di Hogre che disegna il treno sotto il guscio di una lumaca sul muro di una scalinata per la stazione di Porta Garibaldi e la falcata elegante di una modella esteuropea che attraversa la strada e sfila su un marciapiede a fianco ai binari del tram con nelle orecchie le cuffie del suo cellulare, unico anelito di ribellione un adesivo celeste messo su una colonnina dell'Enel da qualche parte sul piazzale antistante la Centrale da qualche adepto dei Critical Mass e che dice Cars Suck sulle ruote di una bici stilizzata....

Buona visione
































































































































































































































































































































2 commenti:

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  2. Un testo che fotografa tragicamente la realtà quotidiana nella quale solo poche persone riescono ad emergere dall'omologazione documentando con senso critico ciò che ci circonda, aprendo varchi verso una nuova consapevolezza e forse anche verso la libertà.
    Belli i dettagli dei lavoratori e i fuori fuoco, tecnica sempre affascinante.

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