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venerdì 11 ottobre 2013

Milano:dal Naviglio, verso porta Genova, Corso Genova, Via De Amicis, Carducci, Cadorna e ritorno in una sera di ottobre.

Con una vecchia tuta blu della nike esco in passeggiata serale-notturna, un pezzo in autobus e molto a piedi. Sul 325 da Corsico mi faccio lasciare a un  paio di chilometri da Porta Genova, c'è umido, leggera nebbia, così,  i contorni delle mura sul  naviglio dalla parte opposta della strada , l'illuminazione notturna , i neon dei negozi , mischiandosi stroboscopicamente  con i fari della auto, suonano la musica del sera, senza musica, senza danze, senza divertimento( forse solo un rauco stridio metallico di antichi tram sferraglianti), se non il puro osservare lo svolgersi per la lotta per la sopravvivenza.. Come un Jack Kerouac appulo trapiantato nel nord padano ovest milanese percorro queste strade questi marciapiedi che bagnati da una pioggerella notturna leggera luccicano sotto le luci della notte e attraverso il ponte di Ripa di Porta Ticinese e mi dirigo verso Porta Genova. Cammino e studio i contorni delle cose, delle case , delle persone , le loro morfologie, le loro posture, estratti di frasi colte qua e là che mi danno poeticamente la misura del mio tempo.Salgo su un ponte di ferro verde e rugginoso, ponte pedonale che sorvola i binari della stazione di Porta Genova e all'interno di questa vertebra di dinosauro gettata al di sopra un bel po' dei binari, ragazzi spleen postmoderni hanno esercitato le loro arti figurative pittoriche di strada i cui fotogrammi mi commuovono per la disperata ricerca di originalità con l'uso della modernità che di originalità ne ha poca per non dire  niente .Un treno staziona prima di dirigersi a Mortara, nella sera umida e già nebbiosa pieno zeppo di cingalesi e indiani e qualche pendolare padano, mentre i muri sono aggrediti dai graffiti come sterpaglie di spray aeriforme di colori vari dai significati e dalle traiettorie incerte come le vite di chi li ha significati su muri treni panchine ponti marciapiedi , in un disperato bisogno di dire al mondo"ci sono", anche se solo e soltanto mi noterai per il fastidio. Ma i graffiti brutti  quando sono sovrabbondanti e monotoni e uguali alla fine diventano paesaggio e nessuno li nota più come chiunque voglia mettersi in vista a tutti i costi- bisogna essere santi taoisti per capire che meno agisci e più incidi, meno mostri e più ti guardano-Proseguo abbandonando il ponte dei 100 colori e via verso Corso Genova, via verso via De Amicis, su questa avenida di negozi illuminati e chiusi che fanno sembrare giorno, tanto illuminano. Per via De Amicis percorro il marciapiedi nel traffico incessante della sera e passo davanti al museo degli Strumenti di Tortura, in S.Ambrogio. Via via lungo Via Carducci, davanti al bar Magenta, dove un paio di ragazze  bionde trentacinquenni sono uscite a fumare nervosamente e parlano al cellulare-dico proprio col cellulare-dal momento che l'interlocutore elettromagneticamente opposto non sembra destare più di tanto il loro interesse, perlomeno a giudicare dalla velocità con cui ingurgitano fumo, senza piacere, senza gusto e senza pace. L'ago di Gae Aulenti in Piazzale Cadorna campeggia giallo rosso e verde, i miei colori preferiti, con i contorni luccicanti , bagnato dalla pioggia notturna e accarezzato dagli sguardi assenti dei tanti nonsochefare della notte che passano in macchina con lo stesso ambientalista senso di colpa di un leone affamato davanti a una gazzella malata. Pozzanghere riflettono alti palazzi e sagome metalliche di auto parcheggiate come bare di morti che si credono vivi solo perché ricevono ancora lo stipendio. Me ne torno di volata, dopo che la stazione di Cadorna è semideserta -neanche sono le nove di sera-tutto chiuso, solo stanchi barboni che chiedono una moneta per un panino al prosciutto che nessuno vende. E Temporary Shop in affitto in via De Amicis, in ristrutturazione, equivalente commerciale e laterizio dei lavoratori a chiamata. Una coppia araba attraversa corso Genova, lei minuta col velo, volto scoperto e occhi luccicanti nella notte e lui magro scheletrito con la stessa espressioni contrita e furba dell'attore siciliano del neorealismo cinematografico anni '50. Buona
visione.

PHOTOS  BY DANILO COPPOLA































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