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venerdì 1 novembre 2013

Nel ventre di Milano, di sera, metà ottobre 2013

Parcheggio l'auto di fronte all'Hilton, zona Stazione Centrale, Milano, indosso una tuta blu ginnica che mi fa sentire molto tuta blu anni '70 e la mia macchina fotografica Nikon è la mia chiave inglese  con cui, una volta, magari, avrei cambiato il mondo ...chiave inglese come strumento di lavoro creato dal sistema che all'occorrenza diviene strumento di difesa o di sabotaggio esattamente come la mia fotocamera, occhio tecnologico con cui il mio occhio biologico cattura  immagini da mettere davanti al plotone d'esecuzione dell'esecrazione. Attraverso a piedi via Melchiorre Gioia, ore 20,30, traffico dopolavorativo nevrotico intenso. Sono circondato da decine di grattacieli che negli ultimi 5-7 anni sono cresciuti come enormi funghi cementizi (quanto a intensità di crescita) innaffiati da miliardi di euro caduti a pioggia nelle casse delle imprese edili che da sempre fanno la voce grossa aggiudicandosi tutte le gare d'appalto. Svolto a sinistra per via de Castillia e seguo il periplo posteriore di questo agglomerato di grattacieli illuminati sulle cui facciate di vetrometallo leggo a profusione ogni venti metri "Regione Lombardia". Grattacieli di vetrometallo pieni di migliaia di finestre illuminate quanto deserte e silenziose che nel buio lavagna del cielo hanno l' effetto come di luminarie asimoviane. Su alcune altre migliaia di queste finestre tenute spente ad arte, si specchiano altri palazzi  posti di fronte  in linea d'aria ad un chilometro circa , fra i quali spicca quello della Unicredit , in un' immagine imponente che corrisponde all'idea di fondo del potere di ogni tempo, che , nel mostrarsi attraverso queste  esibizioni muscolari laterizie ( ben supportate da cascate di denaro) , dalle  piramidi egizie fino a questi himalyani palazzi luminescenti e deserti- il cui assorbimento energetico( anche di uno solo di essi) soddisferebbe il fabbisogno di energia elettrica dei frigoriferi di interi quartieri di città africane o sudamericane- ha lo scopo di mostrare l'imponenza e l'invincibilità del potere e del denaro e del potere del denaro. Alcune di quelle migliaia di finestre che, come detto, ad arte , sui lati posteriori del complesso dei palazzi della Regione Lombardia, sono state tenute buie ,  fungono da enorme specchio riflettente in cui il palazzo della Unicredit , illuminato invece in ogni sua finestra,  si specchia, terrifica visione narcisista certamente voluta dall'ego ipertrofico di architetti che hanno avuto a disposizione una tale quantità di denaro e mezzi che hanno finito per credersi artisti...Oppure hanno solo cercato di trasferire in concreto l'idea sovrastimata di se' che avevano ed hanno i committenti di tali opere, di certo freudianamente proporzionata alle loro inadeguatezze umane, esistenziali, in definitiva, sessuali. Quest'idea dei palazzi che si specchiano gli uni negli altri ( giochi di specchi di archimedica memoria) mi inquieta non poco e mi fa venire in mente quelle ridicole esibizioni di bodybuilders che si espongono sul palco mostrando muscoli talmente sproporzionati rispetto al proprio apparato scheletrico  che ,c'è da giurarci, per  pulirsi il culo dopo le proprie deiezioni sono costretti a ricorrere a degli assistenti. Intorno a questi palazzi , in basso, al suolo, ci sono delle rocce affioranti che vorrebbero essere delle sculture e serpentoni di lignee panchine prive di spalliera che devono aver onanisticamente soddisfatto chi le ha progettate molto più di chi cerca di sedercisi  su trovandole comode. 4 alberi spelacchiati  rappresentano l'elemento "valorizzatore" del verde che ha lo stesso impatto ambientale , disposto su delle strette strisce di ammattonato  di cemento che si insinuano in mezzo al reticolo stradale costantemente trafficato, di un "termovalorizzatore"( tanto per creare un assonanza-ma il concetto è chiaro). Ritorno su via Melchiorre Gioia , ne percorro un tratto e a destra mi infilo sotto un ponte  che mi condurrà verso la Stazione di Porta Garibaldi e Corso Como . Faccio 200 metri in preda ai fumi dello smog e finalmente riesco all'aria aperta, come dopo un'apnea che stava per terminare male. Sulla destra la stazione di Porta Garibaldi a quest'ora è in fermento. Io prendo una strada stretta che si apre fra delle panchine e in mezzo ad un inaspettato verde . Sono i giardini Politkovskaja, una stretta striscia di verde e fiori, che si apre come una piccola foglia di fico  fra questi pachidermici palazzi. Dedicato alla sfortunata giornalista russa questo piccolo spazio verde stritolato da questi immoti Godzilla di cemento armato, ha tutta l'aria di rappresentare il triste cammeo di madre natura, nell'eterno film dello sviluppo urbano sproporzionato, che ha lo scopo di alleggerire la coscienza di una certa qual sinistra autoctona impegnata nel trattenere i voti di alcuni tetri ambientalisti di maniera che avevano bisogno di un luogo in Centro per portare il cane a pisciare. Sul palo dell'insegna dei giardini che reca il nome della giornalista qualcuno vi ha legato un mazzo di fiori. Mi incuneo nel passaggio che mi porta dritto in corso Como. Al centro del corso una spianata di tavolini protetti da tettoie di tela, trapuntati dalle fiammelle di tetre candeline , mostra un comico effetto cimiteriale . Sui lati qualcuno siede davanti a bar e locali, bevendo vini da 15 euro di partenza a bottiglia , mentre animatrici esteuropee fumano sapientemente osservando il passeggio di qualche incravattato dell'ultima ora. Una volta arrivato a Porta Garibaldi, torno indietro, passo davanti all'Hollywood, storica discoteca milanese al momento chiusa e mi infilo sotto i portici del pazzo della Axa. A quest'ora, dietro ampie vetrate , come pesci tropicali in un gigantesco acquario, operatrici multietniche rispondono al telefono e cercano di vendere qualche polizza, mentre pochi rari passanti provano ad ignorare i  sacchi a pelo che i clochard hanno già preparato per la notte incombente. Il ponte di fronte mostra sui lati dei graffiti enormi che si inseriscono pittoricamente, nel loro voler scientemente essere mostruosi, nella tragedia di questo specifico contesto: la cosiddetta modernità palazzinara, questo paesaggio fantascientifico di blocchi di cemento armato,  sembra avanzare velocemente per divorare uno dei quartieri più antichi e apprezzati di Milano, l'Isola, sotto gli occhi spaesati e attoniti dei suoi abitanti che , più in là, lo vedo dal ponte sul quale sono salito nel frattempo, hanno visto i loro giardini e quel poco verde che avevano a disposizione, ingurgitato dai Godzilla di cemento armato che l'hanno poi vomitato in cumuli di ulteriore cemento armato che ha originato quegli orrendi oleografici palazzi pieni di balconate con quattro steli spennacchiati di verde dando vita a quel progetto che molti definiscono innovativo ( ma che in realtà costituisce già da tempo le agghiaccianti tendenze architettoniche in voga  nelle capitali di mezzo mondo) chiamato "Bosco verticale": alti palazzi pieni di enormi balconi su cui sono piantati alberi e piante tropicali che costituisce per me, che forse conservo i sentori del tranquillo ragazzo di campagna , un offesa al concetto stesso di natura. Gli architetti che hanno realizzato questo cosiddetto progetto  , che , molto probabilmente  ritengono proprio fiore all'occhiello, dovrebbero essere arrestati per oltraggio alla natura e al buon gusto e le loro licenze professionali  revocate a vita . L'immagine di una ragazza bionda seduta su una vecchia  panchina superstite che osserva la passeggiata del suo cane che orina indisturbato sotto questo ponte panoramico, mi riconcilia e mi acquieta per un po' i sensi, mossi a tempesta da queste immagini orride che non stento a credere molti considererebbero splendido esempio di modernità al servizio del'uomo. Un uomo che diviene a mio avviso sempre più lilliputsiano, non solo nella proporzione fisica, ma anche in quella umana e morale.
 Buona visione.



























































































































































































































































































3 commenti:

  1. lo sguardo inquieto di un viaggiatore della notte, di un sognatore!

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  2. introduzione superlativa, milleriana, dissacrante e tragicamente realistica!

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  3. Grazie Cesare, per i tuoi commenti sempre puntuali e calzanti! :-)

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