Powered By Blogger

martedì 5 novembre 2013

Milano Ovest, di notte, note e foto di Danilo Coppola, metà ottobre 2013

Ho appena ascoltato Di Notte dei Vitiello su radio Deejay, sono stranamente inquieto. Decido di fare un giro in mountain bike, sono quasi le due. Da Corsico sul naviglio quasi in secca e scintillante di pozze d'acqua perfetti specchi rifrangenti di luci, ponti metallici e palazzi, mi involo verso il ponte al Centro di Corsico da dove prenderò a sinistra in direzione di Cesano Boscone, con lo zainetto in spalla e dentro la Nikon . Supero il ponte, traffico rado di metà settimana e parcheggi pieni e silenti, luci dei palazzi intorno quasi tutte spente , a parte qualche insonne che guarda la tv lasciando trapelare dagli infissi tremule luci stroboscopiche di tv accese. All'altezza dell' Ipercoop La Torre chiusa spenta e silenziosa, svolto a destra verso via Bisceglie che immagino si chiami così in ossequio ad una delle tante ondate migratorie che nei'60 hanno riempito la zona di pugliesi della terra di Bari . Dall'altra parte della strada , sulla sinistra scorgo le sagome buie di enormi palazzi di via Valsesia, quartiere Baggio, dove una volta, al numero 50, ho abitato, e la mia mente torna a quella volta che trovai una vecchia lettera ventidue Olivetti in un cassonetto della spazzatura e la usai per scrivere il mio primo romanzo Nell'acquario. Passo da via Bisceglie, dove mi fermo per scattare qualche foto. Quasi nessuno in giro, poche macchine a quest'ora di notte e una foschia che circonfonde i contorni delle pensiline, e dei muri di cemento che delimitano l'ampio parcheggio degli autobus della omonima fermata, Bisceglie, appunto, capolinea della linea rossa della Metropolitana Milanese. Su un muro un'ampia scritta dice:" la speranza è un inganno", sullo sfondo grattacieli commerciali. Intorno c'è un ponte illuminato e l'interno dello stesso e istoriato di migliaia di graffiti che si sono stratificati come le ere dei graffitari di varie generazioni.Taglio in mezzo al parco dei Fontanili e mi involo sulla lunga e deserta via Olivieri, dove a sinistra tensiostatici ricoprono affettuosamente campi di calcetto e di tennis a quest'ora silenziosi a tal punto che puoi quasi sentire l'eco di pallonate e servizi di ragionieri postlavorativi serali. Una volta all'incrocio con Via Carlo Marx, la imbocco e passo in mezzo a palazzoni enormi che mi ricordano i kombinat della lontana ormai nel tempo DDR. Nessuno di quei occhi buio delle migliaia di finestre ha le palpebre della tapparelle aperte o luminose. Tutti dormono, la produzione del giorno dopo incalza, per chi ancora ne fa parte , in questo mondo a lavoro zero. All'incrocio con Via Novara prendo a sinistra e percorro il rettifilo allontanandomi da Milano e dalla zona San Siro. L'illuminazione notturna illumina a giorno, un tranquillo solito giorno di grigio autunnale milanese, tanto da non notarne più di tanto la differenza rispetto alla notte. Enormi stazioni di servizio illuminate e deserte paiono astronavi di Star Trek con nessuno a bordo appena atterrate che non danno per nulla l'impressione di volersi schiodare da lì. Percorro tutta via Novara quasi del tutto deserta, poche macchine in giro e ad andature umane, un camioncino va così lento che viene superato da un tir come un bradipo da un ippopotamo. In fondo a via Novara ad una rotonda torno indietro. Le pensiline d'attesa degli autobus illuminate, piene di scintillanti pubblicità, sono completamente circondate da una strana foschia e strane figure dalle sembianze femminili e dalle voci roche sghignazzano della grossa e nel silenzio ancestrale, le loro risate rimbombano fra gli alberi, i prati e i campi silenziosi e buio, in lontananza. Scatto un po' di foto qua e là, affidandomi ai tiramenti del momento, senza alcun criterio preciso che in fin dei conti è il miglior criterio possibile perché se non sai bene cosa vuoi tutto ti apparirà più chiaro quando avrai il quadro d'insieme delle immagini , che ti diranno molto più di quanto tu riesca da realizzare sul momento. E' il mistero della fotografia e , in altri termini, dello sguardo sul mondo. A metà via Novara percorsa di ritorno becco in pieno un pezzo aguzzo di fondo di bottiglia e mi si buca la gomma posteriore. Dovrei disperarmi, mi restano una quindicina di chilometri da farmi a piedi. Ma sorrido, lascio agli Dei l'indirizzo del mio destino notturno, o all'assenza degli stessi, che buddhistcamente sarebbe la stessa cosa. A piedi passo davanti all'ospedale San Carlo, saranno ormai le 4 di notte. Nessuno in giro neanche a pagarlo. Scatto una foro davanti ad un manifesto che pubblicizza la mostra di Warhol a Palazzo Reale. Situazione molto pop, in sintonia, direi.
Ripercorro via Olivieri, sempre più silenziosa. Poco prima un'edicola aperta attende le pile di quotidiani che un furgone praticamente lancia in corsa. L'edicolante non protesta ma si mette pazientemente a smistare tutta quella carta che dice le stesse cose in migliaia di copie anche molto spesso appartenendo a testate diverse.
Quando sono ai fontanili decido di proseguire dritto per via Bisceglie e tirare verso via Lorenteggio, ore 4,30. In via Bisceglie, quasi all'inizio, sulla destra, mi imbatto in una teoria di auto dell'istituto di vigilanza Folgore, che hanno appena terminato il loro turno di vigilanza notturna a negozi e capannoni. Gli uomini in divisa blu camminano lenti e legnosi, fumano, parlano poco, ma non la finiscono di pensare alle loro vite sull'onda dei silenzi notturni a cui sono costretti dalle circostanze. 300 metri più avanti, sulla sinistra, un enorme palazzo contrappuntato di centinaia di finestre illuminate, appare silenzioso e lezioso, con in cima la campeggiante scritta rossa ,"Vodafone". Tutta la notte e tutte le notti quelle migliaia di finestre accese, probabilmente ospitano operatori che lavorano nel silenzio più assoluto, andando avanti a caffè , panini e sigarette che consumeranno metà del loro quotidiano guadagno, la cui quota parte di plusvalore viene investita in questa sorta di esposizione universale di luminarie  al solo scopo di mostrare i muscoli alle compagnie telefoniche concorrenti.. Una volta in via Lorenteggio, con la bicicletta  al mio fianco che emette dei lamenti metallici lontano ricordo del  lieve battito d'ali di libellula dell'andata, quando ci potevo ancora pedalare in groppa  e , attraversando la strada vicino alla fermata del 58, vengo osservato con una certa ironia, da un buon numero di arabi e cingalesi, che , ora 5,30, attendono i mezzi per recarsi al lavoro. I loro volti sono sofferenti , rassegnati, ma sereni, come se l'alta nobiltà del loro sacrificio li ripagasse già delle levatacce in vista di una vita migliore per i famigliari lontani. In zona Dogana, attraverso la strada. Me ne rimango qualche minuto ad osservare il capolinea del tram numero 14, che fendendo tutta la vecchia Via Giambellino, si insinua verso il centro città. Attraverso una serie di ponticelli, in un passaggio pedonale decorato di Graffiti e , come per magia, mi ritrovo sul naviglio di Corsico. L'alba mi coglie, quasi 7 del mattino, lasciandomi vedere vedere le rugginose ringhiere del vecchio naviglio sotto una diversa luce. Mentre attraverso un ponticello che mi porterà dalla parte opposta del naviglio, osservo una banda di chiassosi e freddolosi anziani, che attende probabilmente un pullman per qualche gita o nessun pullman per nessuna gita, che per molti di loro sembrerebbe non fare più molta differenza.
Buona Visione




































































































































































Nessun commento:

Posta un commento