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giovedì 14 novembre 2013

Dozza (Bo), 3 novembre 2013, murales della XXIV biennale d'arte.

Sono stato a Dozza, comune medioevale in provincia di Bologna di poche migliaia di anime, che ha la caratteristica di avere tutti i muri del suo tessuto urbano costellati di dipinti e affreschi realizzati da artisti durante una famigerata biennale d'arte arrivata quest'anno alla ventiquattresima edizione. I cittadini assistono dal vivo alla realizzazione delle opere, possono osservare gli artisti lavorare ai dipinti e partecipare all'inaugurazione una volta terminati. Arrivo nel pomeriggio che volge già verso sera, c'è ancora un po' di luce e attraversando l'ingresso costituito da un ampio arco subito mi trovo al cospetto di muri dipinti che ritraggono i più svariati soggetti a seconda dei desideri di chi quei dipinti ha realizzato. Le strade medievali di sassi incastonati e i muri delle abitazioni fanno da sfondo ideale per queste opere magistrali che si presentano come tatuaggi rinnovabili sul corpo della città. Scatto parecchie foto con una certa fretta per tema che giunga presto il tramonto dietro le rigogliose colline circostanti il borgo. Le poche strade che si intrecciano in una breve pendenza mano mano che si sale verso la Rocca-che ospita oltre alla logistica della biennale anche un'ottima enoteca regionale-si presentano dipinte in ogni spazio di facciata disponibile, quasi a dar vita a quel verso del grande poeta russo Vladimir Majakovskij che scrisse." fate dei muri delle città le vostre tavolozze"...Splendida questa idea di ospitare artisti che si esibiscono in pubblico mentre adornano i muri delle abitazioni di questo piccolo borgo lasciando che le proprie opere siano ammirate e fotografate per lungo tempo. Spero che questa iniziativa sia esportata in altri borghi, in altre città, perché di bello c'è n'è sempre bisogno, specialmente in questo mondo che non sa più riconoscerlo se non filtrato attraverso la lente deformante della televisione che quasi come un Dio autoinvocatosi determina ciò che è bello e ciò che non lo è, a seconda delle opportunità economiche e politiche di chi la usa per domare i Lemmings-umani diretti al fiume dell'autoestinzione. Faccio due passi per queste strade anguste e caratteristiche  e i rari abitanti si mescolano con i turisti della domenica, i quali, macchina fotografica al collo, colgono l'occasione per fare degli scatti dal sicuro effetto scenico. Mentre passeggio e osservo i quadri murali , incontro due arabi vestiti in modo tradizionale , si fermano davanti ad un portone, suonano al campanello e mormorano al citofono qualcosa in lingua madre, come se volessero invitare qualcuno ad andare a pregare con loro, immagine che mi fa pensare a un'ennesima contraddizione, questa fra  la cultura Coranica, non troppo incline al culto delle immagini  rispetto a quella della parola che è venuta ad albergare in un luogo che fa dell'immagine il fumetto della propria esistenza quotidiana biennale. E ciò testimonia il fatto che il bello supera ogni frontiera persino religiosa. Mette pace fra i popoli, le culture, le religioni, persino nell'ora della terza salat (preghiera mussulmana del pomeriggio volgente alla sera). Di strada in strada provo degli scatti ritraendo tranquilli passeggiatori serali, sullo sfondo dei murales di modo che il quadro d'insieme materializzi delle vere e proprie opere d'arte in movimento ...Strani figuri del mio stesso sangue(mio padre e mio fratello) spuntano qua e là nelle foto, come modelli involontari che ristabiliscono la proporzione delle grandezze e delle bellezze.
Fra i dipinti che mi hanno colpito ne ricordo uno che raffigura un ragazzo con l'aquilone(il ragazzo è al piano terra e l'aquilone, collegato con un lungo filo dipinto lungo tutta la facciata, in linea con il cornicione del terrazzo) , le finte crepe sul muro retrostante la caserma dei Carabineri, un paio di teste di fieri rapaci piuttosto imponenti, due facce di profilo di guerrieri greci in corrispondenza di due tipiche finestre da borgo in legno stagionato, una specie di Ligabue dalle orecchie a svemtola che sormonta un arco su dei portici quasi all'ingresso della città, un angelo con il gomito poggiato sull'uscio anch'esso ligneo di un'abitazione e un gruppo di contadine sedute a cena tra le quali spicca una donna seduta di schiena che lascia intravvedere il rilievo del suo di dietro, emblematica cifra antropologica di questa terra di lavoro e svagatezza.

Buona visione





























































































































































































































2 commenti:

  1. l'ultima foto mi piace particolarmente, sembra un dpinto... bello l'accostamento dei nurales ai tatuaggi...

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