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mercoledì 20 agosto 2014

Otranto,(Le), Puglia, South Italy, fine luglio 2014

Nel 1480 i turchi di Ahmed Pascià, giannizzero slavo al servizio dei turco-islamici, attaccò e conquistò Otranto, sulla costa salentina della Puglia e impose , secondo la chiesa Cattolica, la conversione all'Islam, pena la morte per decapitazione. Le cronache del tempo narrano che i corpi di 800 idruntini (dal fiume Idro) dopo il taglio delle teste camminassero a lungo prima di cadere in terra inanimati e restassero intonsi senza decomporsi quasi per due anni, finché il Duca di Calabria, riconquistò la città ridandole la "libertà"( in realtà cambiandole padrone). La mia lettura di questo martirio , invece, è tutta laica, è uno dei momenti più eroici delle genti appule, salentine in particolare, che si rifiutarono di rinunciare alle proprie tradizioni e di pagare gabelle agli stranieri, uno dei momenti, in definitiva, più alti, di preservazione della propria dignità e ribellismo ad un'autorità straniera, un episodio che dovrebbe ispirare tutto il paese, che, specie in questo momento storico, pare addormentato e dovrebbe insegnarci che quando una comunità è unita non  deve avere paura nemmeno della morte, quando il tuo stile di vita, le tue tradizioni, la tua filosofia di vita, vengono minacciate da uno straniero qualsiasi o da un potere che si impone con metodi mafiosi o clientelari, niente si deve temere, nemmeno l'estremo sacrificio . Penso tutte queste cose mentre trascorro una giornata di metà luglio a Otranto, visitando il santuario degli ottocento martiri i cui scheletri scomposti in un ossario macabro ma al tempo stesso affascinante a vedersi, giacciono in delle teche di vetro, in fondo alla grande chiesa il cui impiantito e costituito da un immenso mosaico, puzzle interminabile che ricama disegni esoterici, come Re Artù che cavalca un capro o Alessandro Magno in mezzo a due grifoni, per non parlare dei due elefanti che reggono l'albero si suppone della vita e un calendario delle giornate di lavoro con i vari mestieri ben illustrati, opera immensamente bella e affascinante che realizzò Prete Pantaleone e che i turchi non osarono distruggere e lasciarono intatto mentre tutto intorno bruciavano e demolivano la chiesa, forse perché, ipotizza Roberto Cotroneo nel suo bellissimo romanzo, "Otranto", appunto,in quel mosaico c'era criptata la previsione del loro arrivo. Trovo il santuario semivuoto e i negozietti di cianfrusaglie nei vicoli del centro, al contrario, affollati di una miriade di turisti all'assalto dell'orecchietta selvaggia, seduti per un aperitivo h24 che noi salentini abbiamo esportato in tutto il mondo, mentre i lounge bar in alto sulla città che osserva un mare panoramico e verde come gli occhi delle donne di origine normanna che affollano le strade di Otranto, sono occupati in ogni ordine di posto, senza però l'ansia nevrile di corpi che si contorcono dagli spasmi della produzione selvaggia di beni e servizi...tutto qui e Messico, Messico marino, souvenir per turisti, bomboniera sul letto di nozze di Poseidone,mentre si banchetta come se Ulisse fosse tornato a casa, dopo che hanno lavato il sangue dei proci, come se niente fosse, come se la vendetta fosse giustizia...


Buona Visione
























































































































































































































































































































































































































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